E’ ormai passato circa un mese dalla denuncia mediatica della Società STM di Bolzano ed al momento non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione dalle Autorità Sanitarie del nostro Paese.

Ci chiediamo quindi il perché nessuno sia intervenuto. Neppure l’OLAF, Organo europeo che sovraintende ai controlli per il CE, ha fatto alcuna dichiarazione.

L’unica risposta è che non ci sia alcuna dichiarazione da fare: nel mercato europeo sono presenti delle mascherine che non sono a normativa.

Come avviene la marcatura CE?

Per addivenire ad una risposta dobbiamo ricapitolare in breve come funziona l’emissione di un CE.

Le aziende produttrici, siano esse in Europa o in Paesi terzi, devono sottoporre le proprie FFP2 ai test secondo le ormai famose normative tecniche EN149. Superati i test dovranno avviare un processo di marcatura CE tramite un organo terzo e notificato all’Unione Europea.

E perché allora alcune FFP2 non ci proteggono?

Ottenuto il CE, il fabbricante non è più soggetto a controlli. O per meglio dire nessun Organo controlla periodicamente le mascherine. 

Questo fa si che molti fabbricanti non rispettino più le regole, utilizzando materiale scadenti, per avere maggiore competitività sul mercato. 

Quindi non è tanto come si è ottenuto il CE a fare da ago della bilancia ma dal comportamento del beneficiario del CE; il tutto si basa sulla correttezza del fabbricante.

Sarebbe bello pensare che tutti i fabbricanti con un determinato numero di CE siano dei “cattivi” e tutti gli altri siano dei “buoni” fabbricanti. E’ presumibile invece che ci siano delle FFP2 mal funzionanti su tutti i codici CE, senza alcuna eccezione.

Come difendersi? 

Dopo aver parlato con fabbricanti italiani ed importatori, abbiamo capito che c’è solo una soluzione: ri testare in Italia le mascherine che verranno immesse sul nostro mercato.

Questo compito è in parte svolto dalle Dogane per la merce importata e dalla Autorità Sanitarie per la merce fabbricata in Italia o in UE. Questi controlli sono sufficienti? Vista la situazione del mercato, la risposta è oggettivamente NO.

Abbiamo quindi contattato diversi operatori di mercato e chiesto loro come possono garantire l’affidabilità del proprio prodotto; sentite cosa ha detto BlueBag Italia di Milano, una delle aziende più attive nelle forniture di FFP2 per le commesse statali.

Come fate ad essere certi della qualità del vostro prodotto?

“per tutelare i nostri clienti non abbiamo altra soluzione che ri testare le mascherine, questo procedimento avviene ogni volta che arriva un nuovo lotto/container. Il procedimento di test non equivale ad una ri-certificazione ma una procedura base che testa filtrazione e stabilità del prodotto. 

Noi ci affidiamo sempre ad un Organo Notificato; nel 2020 era necessario rivolgersi ad Enti presenti in Europa. Nell’ultimo anno sono presenti anche in Italia ed il tutto è diventato ancora più semplice. Noi ci affidiamo a Dolomiticert di Longarone con pochi giorni ci invia i risultati, e solo allora siamo pronti all’emissione del prodotto nel mercato Europeo.

I nostri acquisti le svolgiamo presso aziende medicali che esistono da decenni. Uno dei nostri maggiori fornitori è Jinlu Medical Group, che insieme a Smith & Nephew, è fra i maggiori player in diversi campi medicali. Evitiamo quindi aziende neonate per la produzione di FFP2.

Quindi sono 2 le componenti che hanno peso nella selezione dei fornitori: affidabilità del fornitore e ri test costante dei lotti di produzione.

Come può proteggersi un consumatore?

Non certamente guardando i 4 numeri del certificatore; in questo periodo si è parlato spesso dell’Ente 2163. La cosa ha dell’assurdo, un po’ come selezionare un taxista chiedendo in quale agenzia ha frequentato il corso per la patente.

Il messaggio ha anche del pericoloso, infonde nel pubblico la sicurezza che tutti i 4 numeri che seguono il CE siano sicuri ad eccezione di  1. 

Senza poi considerare le mascherine fake; è logico attendersi che ora tutti i “falsari” useranno dei numeri di certificazione fra quelli meno conosciti e diffusi.

Per i clienti Istituzionali la cosa è semplice, ad esempio noi abbiamo fornito INAIL e l’Istituto Superiore di Sanità. Questi Enti hanno la possibilità di ri testare ciò che comprano, controllando quindi il nostro operato. 

Per il normale consumatore è impossibile, l’unica soluzione è richiedere al venditore dei test recenti effettuati in Italia.

Si dovrebbero comprare solo prodotti  con patente CE accompagnati, con cadenza almeno semestrale, da un test emesso da organo indipendente. Un po’ come avviene per le autovetture, sono prodotti certificati soggetti a controlli periodici. Perché non farlo stesso con i dispositivi di protezione? 

Quindi le vostre conclusioni?

La nostra conclusione è di non fidarsi di nessun “numero”  e nessun venditore ma chiedere sempre documentazione recente atta a dimostrare la bontà del prodotto; il resto sono solo parole per riempire i palinsesti televisivi.

 

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